31 luglio 2019
Care Amiche ed Amici,
il 28 di questo mese sono stati venti anni dalla morte di MariaAssunta Riva, nel luglio del 1999. Non era un tempo più tranquillo di quello che stiamo vivendo oggi. Il cardinale Martini in una intervista l’aveva descritto come tempo di agonia. Che non è solo angoscia o, peggio, approssimarsi della morte, ma lotta intima per dare un significato diverso alla vita.
In quell’anno la sirena fischiava nei cieli di Belgrado illuminati dai bagliori dei missili e delle bombe intelligenti; eravamo scesi nelle piazze delle nostre città sollecitati dalle radio popolari. A Belgrado i cittadini erano chiamati alla protezione, nelle nostre piazze alla coscienza.
I volti degli abitanti del Kosovo ci inseguivano dai teleschermi, dalle foto sui giornali e ci raccontavano di un esodo biblico, allucinante.
Ora stiamo vivendo un esodo di umani dall’Africa; non scendiamo più in piazza ma continuiamo a condividere una lotta che faccia dei giovani con i quali dividiamo i giorni e le ambiguità, degli uomini responsabili per il loro futuro.
Sentiamo parole di scherno pronunciate dai potenti di turno, in Italia, in Europa e nel mondo.
C’è una notizia bella che mi fa respirare: la stampa della Chiesa in Italia, Avvenire, sta svelando pezzi di vita e i fili che legano i fatti. Il Vangelo sta entrando anche nella carta del giornale. Tuttavia sembra che questa chiarezza non stia smuovendo tutte le chiese e gli uomini.
Nessun personaggio ha mostrato finora interesse per gli eventi annotati; una sorpresa è arrivata in questo mese dai monasteri e conventi di clausura italiani (da donne italiane che nell’immaginario collettivo sono sepolte vive, quindi senza parola e cognizione delle cose) hanno scritto al Presidente della Repubblica dichiarando di pregare e chiedendo di smettere di essere razzisti e di usare i segni religiosi per creare consenso e code acclamanti.
I monasteri hanno detto i loro nomi, dichiarandosi pubblicamente, creando pensiero e coscienza comune. Chi è cristiano accoglie, hanno scritto, oppure non crede. La lettera è dura, perché ripete il linguaggio del Papa: non è cristiano chi organizza l’affogamento collettivo, sottraendo ogni mezzo di soccorso nel Mediterraneo. E chiedono di ripristinare subito i soccorsi.
Dei quattro giovani che vivono alla casa tre sono arrivati via acqua; il loro racconto dice di essere passati dentro l’anticamera della morte, anche imminente.
Guardo i loro volti ogni volta che so di un naufragio. Quello più drammatico di questo fine mese (almeno 150, molti bambini), mi fanno pensare alla grande fascia rossa sul Mediterraneo che il nostro amico pittore Mino Cerezo ha documentato come segno di questa stagione. Il Mediterraneo è diventato il più grande cimitero della storia.
Uno dei risultati, forse il più evidente, dell’incontro avvenuto dal 9 al 12 luglio alla casa sul Pozzo da parte di clarettiani e laici del Portogallo, dei Paesi Baschi, della Catalogna e dell’Italia è stato quello di orientare le nostre energie alle periferie, alle frontiere, sollecitati dal nostro compagno Josè Antonio con una proposta conseguente: aprire una comunità interprovinciale a Melilla, cerniera Africa/Europa nel sud della Spagna, dove i diritti e i giochi di potere escludono dalla vita e dove migliaia di persone sono in attesa di un balzo fortunato che le porti dall’altra parte, in Europa, che invece è presa a difendersi e a studiare come ostacolare gli arrivi.
Ho pensato in questi ultimi giorni a cosa non si sarebbe scatenato nei discorsi irrispettosi degli uomini della politica se al carabiniere Mario, servitore della collettività, non fossero stati i due giovani americani, ma i due nordafricani per come veniva detto all’inizio della giornata. Il rispetto dell’altro, chiunque sia, è la prima e fondamentale regola di relazione. Io sono cresciuto con il pensiero che ci aveva trasmesso Martini: incontrare l’uomo e la donna prima delle dichiarazioni di appartenenza etniche, religiose e culturali. Questo vale anche per i “titoli” che il vice presidente del Consiglio e Ministro degli Interni dice in libertà su tutto e tutti. Ricordo una dichiarazione che mi fece un suora in America Latina che condivideva la vita con i poveri e chiedeva conto alle autorità delle cause della povertà: il vescovo l’aveva dichiarata pubblicamente come comunista e lei andò a dirglielo, risentita, perché tutti quelli che non sopportavano il suo ministero si sentivano autorizzati a fare il tiro a segno sulla sua vita.
Le parole sono pesanti come le pietre ed anche delle pietre abbiamo avuto notizia in questo mese: quelle che lanciavano a Foggia contro i migranti neri che all’alba andavano al lavoro in bicicletta (4 aggressioni con nove feriti, in pochi giorni); l’arcivescovo di quella città, mons. Pelvi, ha scritto: “Mi pare che si stia realizzando una strategia ostile contro i lavoratori stranieri che non si vogliono accogliere né integrare. Ormai questi nostri amici danno fastidio anche se camminano per la strada).
Visto che siamo in un momento drammatico riporto anche la notizia che il presidente Trump ha ripristinato la tradizione negli USA della pena di morte con due iniezioni.
Stiamo regredendo ?
Verso quale traguardo vogliamo stiamo indirizzando i nostri passi ?
Siamo immersi in una quiete piatta ?
Ritorno alla storia di Maria Assunta Riva che ci ha lasciato il 28 luglio del 1999 e riprendo la notizia per come l’ho comunicata ad esequie avvenute: Carissimi, con molta tristezza vi comunico che nella scorsa settimana è morta la nostra compagna Mariassunta Riva, una delle iniziatrici della Comunità di Via Gaggio. Ha aperto assieme ai suoi genitori la sua casa a centinaia di giovani durante questi 25 anni, ha iniziato il laboratorio di ceramica e negli ultimi dieci anni la Bottega del Telaio Una malattia veloce, due interventi chirurgici ce l’hanno tolta in pochi giorni. Abbiamo celebrato il saluto per la sua partenza assieme a centinaia di amici e sacerdoti delle comunità italiane.
Abbiamo raccolto il senso della sua presenza tra noi con questa frase:
“Non c’è in una intera vita cosa più importante da fare che chinarsi, perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”. Ricordatela e ricordateci con affetto.
Tanti amici avevano scritto ed ho conservato i loro messaggi. Riporto le righe scritte da Mino:
Caro Angelo: Assunta è già andata avanti, nel futuro di ognuno di noi, affacciata per sempre alla Bellezza che ha tanto cercato e amato. Ti ringrazio per avermi dato la notizia per potermi raccomandare a lei assieme a quanti l’abbiamo amata e conosciuto. Un grande abbraccio. Mino
Il giorno 11 luglio ci ha lasciato Maurizio Benedetti, un amico di una interiorità forte, di una condivisione di vita con famiglie latinoamericane, di una passione e intelligenza sull’economia come condivisione di vite e di beni. Ci ha sostenuto e ci ha fatto affacciare sul mondo monastico per la bellezza della preghiera e per la capacità imprenditoriale.
E’ profonda in noi la nostalgia della sua presenza e l’impegno a rileggere quanto ci ha fatto intuire attraverso la sua professione e la sua amicizia.
Auguro a tutte/i un mese di agosto di possibile serenità e con qualche spazio personale di lettura e contemplazione della vita. Metto come spinta alla riflessione la frase alla quale abbiamo dato attenzione in quest’anno: camminare insieme o un cammino fatto insieme, cioè la parola sinodo che diventi parola spirituale e politica per i nostri giorni.
Con affetto.
Angelo