venerdì 25 maggio, ore 20.45 presso la Casa sul Pozzo incontro familiare sul calendario Donne e uomini camminano insieme: conosciamo Don Primo Mazzolari e Don Lorenzo Milani
Una scelta precisa. Un gesto simbolico. Eloquente. Far visita nello stesso giorno (20 giugno 2017) a Bozzolo e a Barbiana, mettendo assieme don Promo Mazzolari e don Lorenzo Milani. Fa parte di quelle intuizioni spirituali che papa Francesco spesso manifesta.
Si tratta di due parroci che hanno segnato, pur stando ai margini, aspetti fondamentali del cattolicesimo italiano del ‘900.
In due stagioni diverse. In due Italie diverse. Accomunate dalla povertà e dallo scontro ideologico.
Gianfranco Brunelli – Il Regno n. 14 – 15 luglio 2017
Don Milani e don Mazzolari, il primo Papa a casa dei due preti ribelli. C’è di certo una portata storica in questa visita: queste due figure furono in vita condannate da una Chiesa che tentò inutilmente di ridurle al silenzio: furono censurati i loro libri, nel caso di Mazzolari anche la predicazione, don Milani fu esiliato a Barbiana, gli fu ritirato dal commercio “Esperienze pastorali” (decreto dichiarato decaduto solo nel 2015 da papa Francesco). Furono osteggiati anche dopo la morte e anche dopo il Concilio Vaticano II.
Ancora oggi non sono unanimemente amati. E ora vengono riconosciuti da un Papa come figure degne di speciale attenzione.
A me sembra che questa visita possa essere letta come un segno esteriore, rilevante simbolicamente, di quel cambio di passo che Francesco sta imprimendo alla Chiesa. Don Milani e don Mazzolari avvertirono fortemente nella propria vita la necessità che la Chiesa fosse come indica il Papa: “Non una Chiesa chiusa in sé stessa, autoreferenziale, ma un corpo vivente che cammina e agisce nella storia”. Ho l’impressione che in entrambi papa Francesco individui quell’amore fattivo per gli “scartati della storia” e insieme quella fedeltà alla Chiesa, mai venuta meno, che fanno di loro testimoni privilegiati del modello di Chiesa che il Papa indica nel suo ministero quotidiano.
AFFINITÀ ELETTIVE
Don Milani e don Mazzolari non si sono mai incontrati ma si sono conosciuti, scambiandosi poche lettere; da queste si colgono una consonanza profonda e alcuni innegabili elementi comuni, pur appartenendo a generazioni diverse: Mazzolari era nato nel 1890 e morto nel 1959, don Milani è morto il 26 giugno del 1967 a 44 anni. Li accomuna il metodo, per dirla con Mazzolari, dell’incarnazione: la convinzione che il cristianesimo nasca dall’incarnazione di Cristo nella storia, che non possa ridursi a uno “spiritualismo disincarnato”. Li accomuna la convinzione, sintetizzata nell’I care (“mi interessa”) milaniano, che un cristiano che prenda sul serio il Vangelo non possa che tradurlo nello spendersi per una società più giusta. Li accomuna il fatto di credere nel dialogo con i lontani, cosa che portò entrambi a prese di posizioni costose in epoca di scomunica dei comunisti.
SEMPRE DENTRO LA CHIESA
Anche nei momenti di massima amarezza, di fronte a una Chiesa non pronta a comprendere le urgenze pragmatiche dei contesti sociali in cui operavano, don Milani e don Mazzolari non pensarono mai che la Chiesa potesse essere abbandonata, neppure quando li colpiva con durezza. Nessun dubbio che il primato del Vangelo e della coscienza debbano essere affermati dentro la Chiesa, non contro.
LA PAROLA Al POVERI
Lo stesso concetto, fondamentale nel ministero di entrambi, “dare la parola ai poveri” – non a caso titolo di una rubrica mazzolariana su Adesso – è declinato in modi diversi: per Mazzolari significò riconoscere l’esistenza dei poveri e incalzare con i suoi scritti la Chiesa e la politica perché si facessero carico dell’emergenza sociale. Milani affidò alla scuola, prima a San Donato poi a Barbiana, il compito di dare ai poveri il dominio della parola, con l’idea, forse utopica, che cittadini consapevoli potessero raddrizzare il mondo.
Intervista a Mariangela Maraviglia – Famiglia Cristiana – 19 giugno 2017
Io non li ho mai conosciuti i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano. Eppure v’è chi tiene la statistica dei poveri e ne ha paura: paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe diventare un urlo, paura del loro lamento che potrebbe diventare un canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potrebbero farsi barricata.
E sarebbe così facile andare incontro al povero! Ci vuole così poco a dargli speranza e fiducia! Invece, la paura non ha mai suggerito la strada giusta. Ieri, fu la paura che pagò manganellatori: e non vorrei che oggi la paura consigliasse di nuovo a qualcuno di foraggiare quel qualsiasi movimento di reazione invece di essere giusti verso coloro che hanno diritto alla giustizia di tutti.
Primo Mazzolari, “l poveri fanno paura” – Adesso n. 7 – 15 aprile 1949
Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
Lorenzo Milani, “L’obbedienza non è più una virtù”
Su una parete della nostra scuola C’è scritto grande “I care”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario del motto fascista “Me ne fregò.
Lorenzo Milani, ” Lettera ai giudici”
Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.
La cultura vera, quella che ancora non ha posseduta nessun uomo, è fatta di due cose: appartenere alla massa e possedere la parola
Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli.
Lorenzo Milani, “Lettera a una professoressa”