31 dicembre 2020
È stato Natale.
Meno di cinquanta persone alla veglia del 24, vissuta dalle 18 (gli altri anni era un affluire di quasi 200 persone). Dieci persone all’Eucaristia delle 11 del 25. Quattro paesi diversi per cinque commensali al pranzo. Tutto avvolto in una linea essenziale, in molto silenzio.
Scelgo queste note di cronaca per dare l’immagine di questo dicembre e per raccogliere in modo particolare l’anno 2020.
Uso anche un’altra immagine che racconta delle nostre vite: il fiume carsico; che può anche sprofondare, ma poi riappare in luoghi imprevisti e sconosciuti e può cambiare il paesaggio.
Nel paesaggio di resistenza annoto i due incontri natalizi vissuti alla casa con due gruppetti di adolescenti. Abbiamo pranzato insieme e abbiamo letto i due testi della Parola (il Vangelo di Matteo e la sura 19 del Corano). L’iman Usama ha letto il Vangelo ed io il Corano. Abbiamo dialogato con i giovani e abbiamo piantato la vita come dono e dei bulbi nel terreno della casa che ci offriranno fiori a primavera.
Mi risulta sempre più evidente che siamo alla cruna dell’ago.
Non ci si rende conto – dice papa Francesco – che “quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca”.
Gli uomini d’oggi sono investiti della piena responsabilità di scegliere se continuare a promuovere appartenenze crociate o cercare altre vie per risolvere i problemi della convivenza civile. I prossimi anni ci diranno quale indirizzo è stato seguito.
La preoccupazione che ci accompagna è: come vivere tutto questo?
Ognuno di noi, come abbiamo letto nella veglia, si prepara, vive un’attesa, nutrita di speranze e attraversata da fallimenti. Abbiamo tradotto questo desiderio nell’apertura costante della casa agli adolescenti, alla parola e allo spezzare il pane.
Ognuno di noi ha desiderato scorgere con i propri occhi e accogliere uno scorcio di novità come salvezza.
Un altro elemento ci ha suggerito la veglia: vivere il paradosso del Natale.
Nascere e morire, farsi vedere e scomparire, gloria nel cielo e vita quotidiana in un villaggio da nulla. Non celebra il miracolo ma si immerge nell’umano più comune.
Ho letto, citato da Torresin, alcuni versi del poeta Mario Luzi che parla di un riparo, una protezione, un rifugio, una grotta, o una “gronda” nella nostra fragile umanità.
Non startene nascosto
nella tua onnipresenza. Mostrati,
vorrebbero dirgli, ma non osano.
Il roveto in fiamme lo rivela,
però è anche il suo
impenetrabile nascondiglio.
E poi l’incarnazione – si ripara
dalla sua eternità sotto una gronda
umana, scende
nel più tenero grembo
verso l’uomo, nell’uomo… sì,
ma il figlio dell’uomo in cui deflagra
lo manifesta e lo cela…
Così avanzano nella loro storia. (Mario Luzi)
È stato un Natale “severo” come diceva Balducci o come abbiamo indicato nel libretto della veglia: è la Pasqua del Natale del Signore, come dice la Chiesa d’Oriente.
Una benedizione dentro la violenza del virus è la possibilità del vaccino è lo sguardo di questi ultimi giorni dell’anno. È un segno non solo di bene ma anche di una politica che sappia arrivare a tutti come ha costantemente chiesto papa Francesco.
Un’altra bella notizia ha rassicurato una proposta che avevamo messo in cantiere sul finire di settembre. Avevamo in mente di fare un incontro sul giudice Livatino. Non ce l’abbiamo potuta fare per le ragioni covid. Mi ha riempito di gioia la notizia della sua prossima beatificazione.
Il Papa Francesco ha detto di lui: “Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”. Lo Stato, il diritto, la legge (e chi vi si dedica) meritano l’apprezzamento dei cristiani in quanto serventi la ordinata e pacifica convivenza. Non sempre la coscienza cristiana comune se ne mostra avvertita.
Cito la presentazione online del calendario dei missionari clarettiani avvenuta il 29 dicembre.
È di ieri (30 dicembre) un incontro di lavoro tra la Casa sul Pozzo e il Centro Culturale Assalam per approntare un piano di lavoro/dialogo tra di noi. Sta maturando un itinerario laboratoriale per gli adolescenti; una riflessione con i giovani, un gesto simbolico nel mese di aprile che dica alla città il cammino e il metodo di dialogo tra le due entità.
Stiamo lavorando ad una proposta: coinvolgere i docenti di religione delle scuole superiori del territorio ad utilizzare il quaderno È tempo di Ri-partire da fratelli che metteremo gratuitamente a disposizione degli studenti. La stessa cosa l’ha fatta. Per sua iniziativa, la parrocchia di Civate.
L’ultimo ricordo che raccogliamo è quello di Teresa Spreafico per la quale abbiamo celebrato le esequie in basilica il 9 dicembre. Questa la notizia che mi ha trasmesso il figlio Giorgio.
Carissimo Angelo, purtroppo devo darti la più triste delle notizie. Mamma Resi è mancata
questa notte in ospedale. Nel tardo pomeriggio di venerdì era caduta in casa e si era fratturata il femore. Dopo il ricovero, ieri era stata operata e l’intervento (identico a quello di una dozzina di anni fa all’altra gamba) era riuscito. I medici ci avevano detto che speravano di rimetterla in piedi nel giro di qualche giorno. Nella notte però il suo cuore s’è fermato. So che Antonio le è corso incontro, che papà le ha sorriso, l’ha baciata sussurrandole una battuta delle sue prima di suonarle una canzone d’amore con la fisarmonica. Nel regno della Luce si fa festa. Quaggiù, nel pianto, la fede e la preghiera ci sostengono. Padre nostro, sia fatta la tua volontà.
Grazie a tutti per la compagnia che ci avete regalato in questo anno. Chiedo un pensiero di bene per quanto stiamo vivendo. Auguro a tutti un anno “bene-detto”.
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