Il progetto
Alla casa sul Pozzo un progetto di laboratorio pedagogico integrato, a cura di Desideria Guicciardini-illustratrice, in collaborazione con Valentina Nocita educatrice alla Casa sul Pozzo e con Carlo Limonta-documentarista.
Il tema
Resistenza. Questo il tema da sviluppare che Angelo Cupini, master e anima della Casa sul Pozzo, ha individuato come compito del più vasto e antico progetto Crossing, incrocio, trama e ordito di pedagogia e culture.
Il mood
Nulla da spartire con un atelier di pittura, o peggio di creatività. Niente siamo tutti artisti.
Una pedagogia oculata e fattiva è attenta solo a chiamarsi fuori, a non dire, a non spiegare, a mostrare, a mettersi a nudo, dunque in gioco. A queste condizioni, quelle messe in atto da Desideria Guicciardini per il laboratorio in questione, il campo del soggetto si semina più da sé che per manipolazioni dall’alto. La maestra si è riservata il compito di far scoprire ai ragazzi; di scostare un po’ il sipario sul loro mondo interiore e sulle loro capacità di costruirsi. Sul loro poter resistere al disfacimento dell’individuo così ben illustrato e auspicato dalla attuale temperie economica, ovvero politica. Con carta, colori e pennelli. Il ricco autentico contro il povero, il deteriore, in sintesi contro l’allettamento e l’allevamento al brutto propagandato e proposto con metodo dal Fuori. Il laboratorio non intendeva costruire degli artisti fittizi, ma far scoprire gli strumenti naturali dell’uomo artigiano di sé stesso. In quanto tale. Occorre ricordare che dei nostri progenitori sono rimaste le pitture.
Il film ( 2019, durata 6:57)
Il film di Carlo Limonta non è pubblicità e come tale non deve essere letto. Va inteso invece come sintesi e, con un gioco di parole, come riflesso riflessivo del laboratorio. Agli occhi di chi ha occhi, il film di Carlo Limonta non documenta soltanto, ma integra l’esperienza educativa, avendone catturato il riflesso negli occhi e nelle parole dei suoi protagonisti. Da qui la scelta acuta della camera fissa sui soggetti, mezzo primo piano, libertà di parola e stop; poi brevi inserti narrativi e soprattutto -qui sta la svolta che altri non avrebbero colto necessaria- soprattutto nessuna lezione di esperti, nessuna intervista alla conduttrice del laboratorio, Desideria Guicciardini, nessun intervento del potere. Dove la parola potere qui individua soltanto quello di chi ha offerto ai ragazzi del laboratorio gli strumenti per comunicarSI.
La casa sul Pozzo
Si chiama casa ma non deve essere confusa con altri e semplici luoghi di accoglienza. La casa sul Pozzo è un luogo di ascolto. Anche di sofferenze certo. Ma alla lettera di mancanze. E la mancanza più cogente oggi, specie per le giovani generazioni, è quella di un bello, non di riferimento, di un’estetica nel suo significato letterale, percezione e saper percepire, trovare l’intonazione con sé stessi, poter lavorare liberi e stimolati da molteplici opportunità a una sana edificazione di sé nel mondo. Da qui dunque l’accogliere alla casa sul Pozzo tutte le realtà giovanili smarrite tra istanze di ideologie adulte e coattive, restrittive, negatrici dell’individualità. La casa sul Pozzo non si adopera in nessun proselitismo, la casa sul Pozzo si mostra, non dimostra e lascia che ognuno sotto il suo tetto abbia la facoltà di trovarsi. La casa sul Pozzo, si adopera pertanto sempre a vantaggio di un esistere che sia resistere.
Stupidario di polemiche a piacere
Si lamenta che i ragazzi sono tutti telefonino, FB e televisione oggi, ma nella misura in cui un tempo c’era pallone, calcetto, sigarette, oratorio per alcuni, e il sogno, alla Gaber e Jannacci, di una macchina rossa fuori dal bar. Da questo adattarsi ai tempi si guariva perché la macchina della propaganda era allora assai meno pervasiva e infida. La tecnica non era all’altezza del proposito di fabbricare consumatori. La resistenza, e l’armamentario critico per esercitarla si acquisiva o con la scuola – in qualche modo orto separato e dalla famiglia e dalla televisione – dove una buona maestra bastava in cinque anni a metterti in ordine. Oppure con il cortile, con l’aia, e non di rado per i meno fortunati col lavoro, là dove le cose erano chiare, brutali, esplicite. La parola dialettica, anche non patente aveva una sua chiarezza operativa, nel conflitto e nel confronto, nella lotta. Le cose che il turbocapitalismo attuale cerca di appiattire a un conformismo di desideri e intenti, favorevole al profitto e all’accumulo di profitto. Resistenza oggi significa far muro a questo tipo di pervasione di barbari in carta di credito.
Pasquale D’Ascola – Lecco luglio 2019